È stata una gran bella esperienza. Quando un paio di mesi fa Lillino Patano, presidente dell’associazione Maschere e Tamburi, venne in ufficio a propormi l’idea, gli dissi immediatamente che avremmo raddoppiato il nostro impegno rispetto agli altri anni. Ma lui e l’associazione, a prescindere da questo, volevano organizzare qualcosa che restasse davvero, nel cuore dei ragazzi. Così è stato. Siamo partiti alle 23 di venerdì 24 gennaio, siamo arrivati a Roma alle 6 del mattino del 25, pausa in autostrada, colazione e via, verso le Fosse Ardeatine. Nel frattempo Mario Costantini “interroga” un po’ di ragazzi. Tutti preparatissimi. Ricordavano date, luoghi e particolari della tragedia romana: l’uccisione di 335 civili e militari italiani, prigionieri politici, ebrei o detenuti comuni, trucidati a Roma il 24 marzo 1944 dalle truppe di occupazione naziste come rappresaglia per l’attentato partigiano di via Rasella, compiuto il 23 marzo da membri dei GAP (Gruppi di Azione Patriottica) romani, in cui erano rimasti uccisi 33 soldati del reggimento “Bozen”. Una racconto, uno dei tanti racconti da pelle d’oca che hanno caratterizzato quel periodo storico.
Arrivati al Mausoleo delle Fosse Ardeatine,  luogo che raccoglie la storia degli eventi e la memoria delle vittime e dei luoghi della strage nazista, incontriamo Aladino Lombardi, presidente dell’Anfim (Associazione Nazionale Famiglie Italiani Martiri), che ci accompagna in una coinvolgente visita dei luoghi della tragedia. È stato bello leggere l’interesse negli occhi dei ragazzi. Una partecipazione esemplare, attenta e rispettosa, nonostante la giovane età. Il pomeriggio, dopo il pranzo al sacco nel refettorio della concattedrale di Alatri, l’interesse dei ragazzi si è spostato al campo di concentramento Le Fraschette. Un altro momento intenso arricchito dal contributo di “testimoni” del posto, fra cui il consigliere comunale con delega alla cultura Carlo Fantini, la storica Marilinda Figliozzi e il nostro Mario Costantini, nativo della città delle mura ciclopiche e autore, proprio con la Figliozzi, di un libro che racconta la storia del campo dal 1946 al 1976. Abbiamo conosciuto una realtà che fino a poco tempo fa era sconosciuta anche alla gente del posto. Quello delle Fraschette, non era un campo di sterminio, ma di certo non era nemmeno un posto accogliente. Ha ospitato un massimo di 6 mila persone all’interno di un muro di cinta con tanto di torrette di controllo. Immaginare il freddo delle baracche, i maltrattamenti, la fame di chi ci è stato rinchiuso, è da brividi.  Ma è la storia, e per non ripetere gli errori del passato abbiamo il dovere di ricordare e di raccontare alle prossime generazioni la grande tragedia che sono state la guerra e la Shoah.
Siamo tornati a casa alle 10 della sera, stanchi ma arricchiti e ci siamo visti a scuola, la sera del 27 per raccontare a tutti questa bella esperienza. Grazie Maschere e Tamburi, grazie professori, grazie dirigenti, grazie ragazzi!